La Cappella del Prodigio
“…Una ventina d’anni prima dei fatti prodigiosi, un tal Nazzareno Taddioli aveva acquistato un fondo rustico con l’intenzione di ritirarvisi a vita privata. Da persona molto religiosa e pia, pensò di costruire una chiesetta accanto alla casa colonica, con la sua piccola sacristia, un minuscolo ripostiglio, e due o tre stanzette, in due piani, per abitazione di un sacerdote. La costruzione della chiesetta fu fatta senza disegno né arte. Quattro muri di mattoni comuni tenuti insieme con malta di dubbia consistenza, malamente intonacati dentro e fuori; una porta d’ingresso alla chiesa e una porticina per la sacristia, due o tre finestre per la luce.
Tratto da “La Santissima Vergine Addolorata di Campocavallo” a cura di Raimondo Orsetti
Il luogo più suggestivo da visitare a Campocavallo è forse proprio questo.
La Cappella custodisce la memoria del prodigio ed è testimone di tutte le preghiere, le suppliche, e le invocazioni dei migliaia di pellegrini che hanno visitato e continuano a visitarla.
Questo luogo conserva ancora l’eco dello stupore e della gioia di chi ha incontrato lo sguardo prodigioso dell’Addolorata, ottenendo grazie e guarigioni.
Il Santuario
“…Venerata (l’immagine prodigiosa) in umile e rozza chiesuola, ora, per accoglierti, senz’altro aiuto che del tuo patrocinio e della carità dei fedeli, sta sorgendo un magnifico tempio, di cui nel dicembre del 1892 io posi, davanti a popolo immenso, la prima pietra, e che rapidamente s’innalza al Cielo, quasi sospinto dal tuo forte braccio…”
Mons. Mauri, vescovo ai tempi del prodigio, nella lettera pastorale diretta alla diocesi di Osimo e Cingoli. Tratto da l”Eco” n°38 del 1895
Questo Santuario viene considerato “il secondo prodigio” avvenuto qui a Campocavallo, è stato costruito esclusivamente grazie alle offerte dei fedeli! Offerte in denaro, ma anche in opere e in materiali: operai e scalpellini prestano le loro mani e i pellegrini arrivano trasportando legname, ghiaia, calce e pietre.
Il travertino usato per edificare la facciata del Santuario, ad esempio, è arrivato in pellegrinaggio su 27 carri dal Monte Conero!
I lavori di costruzione del nuovo tempio iniziano nell’aprile 1893; la dedicazione del santuario avviene nel 1905, ma la sua costruzione termina con l’edificazione del campanile solo nel 1913.
Architettura
Il progetto della nuova chiesa è affidato all’architetto osimano Costantino Costantini.
Parlando del suo lavoro, il Costantini dice di aver tratto ispirazione dal gotico, dal ‘400 e dall’arte lombarda, anche se dalle sue parole è chiara l’intenzione di non imitare uno stile, ma piuttosto di creare qualcosa di nuovo.
Dice lui stesso che se proprio vogliamo definire lo stile della chiesa possiamo chiamarlo neo-lombardo, ma che sarà il tempo a battezzare.
Qualcuno la considera l’ultima Cattedrale Gotica. Dagli studi effettuati sembrerebbe infatti che sia stata costruita sul modello geometrico della Cattedrale di Chartres, in Francia, una delle costruzioni-scuola di tutto il periodo gotico.
Elemento dominante, parte integrante sia dell’edificio sia della sua ornamentazione, è l’arco a sesto rialzato, caratteristico dello stile lombardo. Dagli ultimi imponenti lavori, eseguiti dal 2005 al 2007, è risultata una struttura difficilmente eguagliabile per ingegnosità e precisione.
I numerosi archi che compongono la struttura formano un gigantesco equilibrio di forze che reggono l’intero tempio, in modo particolare la cupola, alta ben 47 metri.
Decorazioni
“…e libero soprattutto ho voluto essere nelle decorazioni (…) Cerchiamo di dare alle cornici una linea più mossa e al fogliame più grazia: pigliando a modello i meravigliosi esemplari della natura.”
C. Costantini
Le decorazioni, sobrie all’interno e straordinariamente ricche all’esterno, sono soprattutto architettoniche, ispirate a temi legati alla figura dell’Addolorata e alla natura, e spiccano per via della colorazione rossa, tipica del materiale usato: la terra cotta.
A dare luce e colore all’intero ambiente sono i Vitreaux, le splendide e preziose vetrate artistiche istoriate e decorate da maestri vetrai francesi di una bottega – LATTEUX BAZIN – attiva nella seconda metà dell’800, donate al santuario da benefattori.
Le principali, poste dietro l’altare Maggiore e nelle Cappelle laterali, rappresentano alcuni dei santi legati alla figura della Madonna Addolorata, quelle laterali riportano i simboli della passione di Gesù e il rosone raffigura l’Agnello che porta il segno della risurrezione, circondato da serafini.
LA SALA RICORDI
Qui si possono trovare oggetti religiosi, rosari ad esempio, ma anche immaginette e santini, anche d’epoca, dedicati all’Addolorata di Campocavallo. Ci sono inoltre molte riproduzioni dell’immagine prodigiosa, con diverse tecniche e disponibili in più misure.
E’ gestita da volontari e l’orario di apertura è legato alle Sante Messe che si celebrano in Santuario.
Le offerte sono totalmente devolute al Santuario per sostenere le spese di manutenzione e valorizzazione dello stesso.
IL PRESEPE ARTISTICO
IL MUSEO DEL COVO
Sin dal 1939 inizia qui una bellissima tradizione che vede impegnati grandi e piccini. Come ringraziamento per il raccolto viene realizzato e offerto alla Madonna il Covo, una scultura ricoperta di spighe di grano che riproduce in scala esatta una cattedrale o un simbolo della cristianità. Ad esempio, per la prima edizione venne riprodotta la corona di pietre preziose posta sul capo dell’Addolorata nel quadro miracoloso. In seguito, l’affinarsi delle abilità dei contadini e degli artigiani all’opera, rese possibile la riproduzione di imponenti basiliche tra le quali San Pietro in vaticano, San Marco a Venezia, San Basilio di Mosca e il santuario di Lourdes, in Francia.
Donne e uomini del paese si tramandano l’arte del lavorare le spighe di grano per farne delle trecce dorate che diverranno il rivestimento della struttura del Covo, sapientemente progettata e realizzata con estrema cura sin nei più piccoli dettagli.
Grazie a questa tradizione Campocavallo è gemellato con i luoghi più significativi della cristianità di tutto il mondo. Ogni nuovo Covo viene infatti portato in mostra nel paese scelto per essere rappresentato e allo stesso tempo una delegazione di tale paese viene accolta con tutti gli onori durante la Festa del Covo che si svolge ogni anno la prima domenica di agosto.
Durante il resto dell’anno, queste delicate opere di arte rurale, assieme alla memoria delle tradizioni contadine di queste terre, sono custodite nel Museo del Covo. In attesa della realizzazione della nuova sede regionale a pochi passi dal Santuario, che diverrà un vero e proprio centro d’interpretazione della tradizione del Covo, della storia di Campocavallo e della civiltà contadina delle Marche, sono aperti su appuntamento i locali che ospitano temporaneamente alcuni dei più bei Covi degli ultimi anni.
“La Festa del Covo è una delle più autentiche espressioni della civiltà contadina delle Marche, ormai scomparsa, che contrassegnò la vita di gran parte degli abitanti della nostra regione per molti secoli e fino agli inizi degli anni Settanta. L’abilità, la maestria, la perizia con le quali, uomini e donne, anziani e giovani, tutti assieme, costruiscono i Covi, splendidi manufatti artistici di spighe di grano, rappresentano una delle ultime espressioni della creatività, del sapere, della capacità della nostra gente di saper produrre, innovare, valorizzare quanto la natura ci offre, in un rapporto che è sempre stato di grande rispetto ed amore verso la madre terra ed i suoi frutti.”
Raimondo Orsetti
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